La storia che viene dai Documenti. Il Medioevo di Pariana
La prima citazione di un abitato in località Parriana è del 913, Alto Medioevo, quando il Vescovo di Lucca Pietro allivella a Leone del fu Ilprando dei beni là presenti. Val la pena di soffermarsi su quei beni per capire cosa ci fosse a Pariana, nel X secolo.
Il livello riguardava un casalino e fundamento, un terreno vasto in cui vi era una casa massaricia. Questo termine è molto importante perché siano di fronte ad una corte e cioè una tenuta agricola che, secondo il sistema curtense diffuso ovunque durante il feudalesimo, era divisa in due parti: una delle terre dominiche, cioè quelle il cui frutto andava al signore (il dominus), dato che lui era il padrone di quelle terre, e l’altra parte delle terre massaricie, come la casa citata, e cioè quelle il cui frutto andava ai contadini perché vi avevano lavorato e coltivato.
Il casalino era formato dalla corte, appunto, l’orto, le vigne, gli oliveti e le selve di castagni. Leone doveva rimettere a posto la casa entro due anni, chiuderla, coprire il tetto e andarvi ad abitare. Dunque, siamo in un luogo già abitato.

Va detto che il territorio attorno a Pariana è assai documentato nell’Alto Medioevo: già nel 760, in epoca longobarda, probabilmente (ma non è certo) si ricorda la Chiesa di San Michele Arcangelo di Colognora, e nel 757 viene ricordata una casa in Buellio (Boveglio). Tuttavia, la “prima” Pariana doveva essere assai diversa da quella attuale e probabilmente era collocata nella collinetta un po’ discosta dall’abitato che ospita la Chiesa di San Martino (poi Lorenzo e Bartolomeo), con una torre di fortificazione e probabilmente un recinto murato che la chiudeva. Un bel capitello erratico, ricollocato alla base della torre, testimonia probabilmente il primo periodo altomedievale della Chiesa.
Quella Chiesa era collocata in un territorio agricolo che era ricco, dato che era ambìto da personaggi probabilmente lucchesi che lo richiesero in livello (affitto ad un canone). Nella fase a cavallo del Mille, in cui la Diocesi di Lucca concedeva ampiamente i suoi beni ai laici, nel 1014, il vescovo di Lucca Grimizzo allivellò tantissimi beni della Chiesa e della Diocesi con le relative decime, fra cui la metà della Pieve di Villa Basilica, metà della Chiesa di Boveglio e metà della Chiesa di San Martino di Pariana, a Sigefredo del fu Teudigrimo (si nota che, più tardi, i Tegrimi furono un’importante famiglia lucchese mercantile) di Maona. Tre anni dopo, nel 1017, allivellò la rimanente metà della Chiesa di Pariana, Pieve di Villa Basilica e Boveglio a Giò Arciprete figlio di Milone. È la prima citazione della Chiesa di San Martino che appare saldamente nelle mani del Vescovo di Lucca. Ma appare anche l’interesse dei maggiorenti lucchesi per le terre di quella montagna e per Pariana.
Nel 1086 l’arciprete di Lucca Lamberto (morto il vescovo S. Anselmo e divenuto vescovo colui che fu indicato come un usurpatore, Pietro), da Pescia dov’era in esilio, concesse a Bonaldo, anch’esso Canonico di San Martino, metà della Pieve di Santa Maria e Giovanni Battista di Villa e metà della Pieve di S. Ginese di Boveglio (dietro annuo affitto in denaro). In questo caso si citano solo le pievi e, dunque, le semplici chiese di Pariana e Colognora sono coinvolte indirettamente in quanto parte del Plebanato di Villa. È singolare che qui si citi come “Pieve” quella di Boveglio. È una fase di notevole disordine e scontro all’interno della Diocesi di Lucca che S. Anselmo tentò di riformare. Il Plebanato di Villa Basilica si mantenne fedele a S. Anselmo riformatore, assieme a Pescia, Montecatini e la Valleariana. In questa fedeltà stava anche il legame che queste terre mantennero con Matilde di Canossa, tramite Sant’Anselmo ad essa legatissimo, la cui caduta produsse la cacciata di Matilde da Lucca. Non è chiaro anche a che titolo – segnale di disordine complessivo – Lamberto arciprete abbia potuto continuare ad avere un ruolo rispetto ai territori e chiese a Montecatini, Pescia, Villa Basilica e Valleariana.
Nel 1119 fu eletto il Vescovo Benedetto a guidare la Diocesi lucchese, il quale, nel 1120, svolge un’ampia visita alle chiese della Diocesi ed arriva anche nella montagna a San Martino di Pariana; ed era proprio a Pariana, il vescovo, quando fu investito da Bastardo di Tedesco, messo del Marchese di Toscana Corrado, di tutto il feudo, l’albergaria, il fodro di tutta la Pieve di Villa Basilica. E, al fine di ammorbidire il conflitto esistente fra il vescovo e i Canonici di San Martino a Lucca, Corrado concede al Vescovo anche che le regalie provenienti dalla Pieve di Villa Basilica spettanti all’imperatore o al marchese di Toscana vadano agli stessi Canonici di San Martino.
L’atto – che è del 1121, qui di seguito – è complesso. Con quel Diploma, l’Imperatore Corrado, da Volterra, investe a Villa il vescovo Benedetto di Lucca della Pieve di Villa Basilica e suo plebanato, cioè Pariana, Boveglio e Colognora, di ogni diritto, impegnandosi, se il vescovo avesse voluto farvi un castello, a proteggerlo da tutti.


Quindi, nello stesso anno, Corrado, Marchese di Toscana, invia il suo messo Bastardo “teutonico” ad investire, in nome del Marchese, il vescovo e i canonici di Lucca del Plebanato di Villa Basilica. In tre atti avviene la cerimonia.Il primo, nella Pieve di Villa Basilica, con un’oliva in mano, alla presenza del messo dell’Imperatore Sineanima, e di vari cittadini notabili, fra cui Fulcerio console di Lucca e Filippo di Gaudio prete di Villa.Quindi, nella chiesa di Pariana, con un tralcio di vite in mano, ancora con il messo imperiale, fu investita la Chiesa di Lucca del distretto e placito di tota Villa Pariana, delle sue pertinenze ed abitanti.E così avvenne alla Chiesa di Boveglio. Nel 1221, dunque, l’imperatore conferma alla Diocesi di Lucca (ed anche ai suoi Canonici) il Plebanato di Villa Basilica e Pariana.


Il 23 marzo 1164 (AAL, Privilegi, n. 60, sotto) l’Imperatore Federico I Barbarossa concede alla Diocesi di Lucca il governo di Villa Basilica e il suo territorio e cioè Pariana, Boveglio e Colognora con tutti i diritti e giurisdizione. Si noti che il territorio che si concede è quello politico e amministrativo che viene però identificato nel Plebanato di Villa Basilica. Dunque, ambito di governo politico e religioso, in questa fase, coincidono, come già notato.
Tuttavia, in questa fase, le opinioni degli eruditi ottocenteschi divergono, rispetto ad una presunta retromarcia dell’Imperatore che, nel 1179 o 1184 o 1185, avrebbe revocato la concessione di Villa, Pariana, Boveglio e Colognora al Vescovo per riassumerli fra i beni imperiali. Non si può dire chi abbia ragione ma, certamente, l’eventuale dietro front imperiale avrebbe dovuto essere stato dopo il 1180 perché in quell’anno il Plebanato di Villa e sue terre erano ancora del Vescovo di Lucca.
Si legga di seguito:

Sicuramente, una giravolta –dal cui ricordo forse derivò l’accusa al padre Federico- la fece Enrico VI figlio di Federico I, una decina di anni dopo, nel 1194, quando, nel giro di due anni concesse e negò il possesso del Plebanato di Villa e sue terre al Vescovo Guido III.
Del 1194, infatti, è il Diploma con cui –si legga sotto- confermava, richiamando la continuità con le conferme dei suoi predecessori del Sacro Romano Impero, alla Chiesa di Lucca la Pieve di Villa Basilica e le sue terre di Pariana, Boveglio e Colognora.


Appena due anni dopo, nel 1196, revocava tutto, toglieva la Pieve di Villa e sue terre al Vescovo per darle ad un personaggio di una casata influente a Lucca e i cui parenti erano notai imperiali, tal Grandonio Lucense. Le terre citate erano Pariana, Boveglio e Colognora. Un privato che appare membro di una famiglia borghese lucchese e che troviamo presente nella forte azione produttiva e commerciale che Lucca lanciò allora con lo sviluppo dell’attività di produzione della seta. Un Gherardino Grandoni compare come Podestà di Siena nel 1217 e di Genova nel 1227; non si sa se fosse la stessa persona ma era un membro della famiglia, di quelle che si stavano muovendo in quell’epoca seguendo gli affari che diventarono, nel XIII secolo, potentissimi per Lucca.
